In difesa di "Star Wars - Gli Ultimi Jedi" (2017)
Pubblicato in origine su 👤📖 che ormai non c’è più
“Trasmetti ciò che imparato hai. Vigore, controllo. Ma debolezza, follia, fallimento, anche. Sì, fallimento, soprattutto. Il più grande Maestro, il fallimento è. Luke, noi siamo il terreno su quegli crescono. Questo è il vero fardello di tutti i Maestri.”
Per la serie opinioni non richieste ecco un po’ di bla bla bla non sull’ultimo film di Star Wars ma sul penultimo: Gli Ultimi Jedi ovvero The Last Jedi in lingua della terra d’Albione
Parto col dire che sì, tra gli episodi filmici prodotti dalla casa del Topo® è il secondo che mi è piaciuto di più (il primo è Rogue One col fottuto Lord Fenner e la sua fottuta forza e la sua fottuta spada laser. Poi succedono delle cose prima ma il punto centrale penso sia stato questo) perché prende tutte le certezze e le speranze dei fan e gli tira uno schiaffo che manco le mamme di una volta con la ciavatta da combattimento.
Tutte le aspettative che JJ Abrams ha alimentato nel suo settimo episodio vengono sbriciolate nei primi secondi che ricompare Luke. È vecchio. È vecchio, stanco e disilluso come la media dei lombardi nella gestione Fontana. Ma non è solo questo. Quel gesto di buttarsi la sua spada alle spalle è simbolo della ferita ancora aperta di quel fallimento chiamato Kylo Ren.
Il fallimento è il tema che lega tutto questo episodio. Fallimento del maestro Luke, fallimento delle decisioni di Poe Dameron nel sacrificare una flotta di caccia e bombardieri e tornare a punto a capo subito dopo. Fallimento di Rey nello scoprire che i suoi genitori non erano altro che persone comuni.
Tutto si sgretola ma quando sembra tutto perduto arriva la frase dell’inizio, pronunciata dal miglior personaggio della saga. Yoda è sempre Yoda. Non è cambiato dai tempi de L’Impero colpisce Ancora ma come Luke lo abbiamo troppo idealizzato. Anche lui ha un fallimento sulle spalle, non aver sconfitto L’Imperatore Darth Sidious. Ma diversamente da Luke, non si è rinchiuso a riccio in questo fatto.
Ha addestrato Luke quando era giovane (anche se per lui era già troppo vecchio) e non rinuncia a scuoterlo quando scopre che c’è un altra ragazza in cui risplende, in modo grezzo ma potente, la Forza, cercando di insegnare ancora qualcosa al suo ormai vecchio allievo. Yoda è lo stesso di ‘fare o non fare, non c’è provare’. Il suo discorso non si discosta da questo.
Nonostante le difficoltà, nonostante ci sembra che tutto sia cambiato e nulla possa essere come prima, rimane sempre lì aggrappata la Speranza per non farci ricadere nell’oblio del fallimento. Ed è tramite questo che Luke cresce ancora una volta ed aiuta nuovamente la Resistenza al prezzo stesso della sua vita. Che serve anche a Rey per resistere alla tentazione del lato oscuro tramite la tensione decisamente sessuale tra lei e Kylo.
Sì, il racconto della speranza contro il fallimento può essere banale ma applicarlo a dei miti ormai fin troppo tipizzati come quelli legati al canone decennale di Star Wars è una mossa inattesa e sorprendente del regista Ryan Johnson che, secondo il mio personalissimo parere, paga molto. Moltissimo.
Gli Ultimi Jedi quindi è una più che buona fetta di bel cinema di intrattenimento tra due grosse fette di pane abbastanza banalotte (settimo e soprattutto nono episodio, di cui forse discuterò in futuro, ma anche no).
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